di Marco Menicacci
Ha dichiarato Mario Luzi nel corso di un’intervista, rievocando i suoi anni giovanili: “Il mio progetto filosofico era più un sogno che un procedimento possibile; era il sogno della filosofia come tale e soprattutto della filosofia come ce l’avevano fatta vedere i presocratici, i classici fino a Platone, Socrate, e magari Plotino, più che un’adozione di sistemi della filosofia moderna, la quale mi sembrò più una specie di ingegneria mentale che un vero processo di conoscenza, un vero stato di conoscenza possibile, come era stato appunto alle origini”.
“Il tecnicismo del filosofare moderno – continua Luzi – mi disincantò del tutto, e quando poi a quaranta, a cinquant’anni e anche più, mi sono letto lo Zibaldone, ho visto che quello che non mi soddisfaceva l’aveva detto benissimo Leopardi; quel fare difettivo e astruso della filosofia moderna era già un deterrente per Leopardi, e lui l’aveva analizzato benissimo, quando dice che la filosofia moderna corregge, aggiusta, ma non crea, non inventa qualcosa di fondamentale per l’uomo. Si tratta di sistemi che si contrappongono, si correggono, si edificano l’uno sull’altro, l’uno nell’ombra dell’altro, ma non c’è nulla di diretto, per cui io passai alla letteratura, agli scrittori che hanno un vero contenuto di conoscenza e di esperienza come Musil, come Thomas Mann, come Proust, e anche come Joyce, che mi sembrarono rappresentare la filosofia moderna” (M. Luzi, Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio, Garzanti, Milano 1999, pp. 60-61).
Questa lunga citazione, come spesso accade per le parole di Luzi, dice già molto, probabilmente tutto quello che c’è da dire sui rapporti del poeta con la filosofia. A noi non resta che leggere, meditare ed eventualmente tentare un commento, qualche aggiunta, una delucidazione…
Da una parte, soprattutto con il postmodernismo, i confini disciplinari tra filosofia e letteratura hanno cominciato ad assottigliarsi; dall’altra però, nelle sempre più complesse strutture del sapere accademico, con le suddivisioni estreme e il proliferare di nuove discipline “di nicchia”, continuano a dominare due blocchi disciplinari ben definiti e troppo spesso estranei tra loro: la letteratura e la filosofia. Non a caso, piuttosto che un attivo dialogo tra questi due mondi in realtà così contigui, sono nate creature intermedie come la teoria della letteratura, che a volte sembra una filosofia per i non addetti ai lavori e arriva a terrificanti livelli di autoreferenzialità.
Eppure basta guardare ad alcuni grandi autori del passato: tanto per fare solo qualche nome, Eschilo, Platone, Lucrezio, Ovidio, Giordano Bruno, Montaigne, Leopardi, Hölderlin, Musil, Dostoevskij… sono filosofi, poeti, romanzieri? La domanda, evidentemente, è mal posta.
La stessa filosofia “ufficiale”, d’altronde, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, ha cominciato ad affidarsi, in Italia e non solo, a forme comunicative che tradizionalmente vengono considerate appannaggio esclusivo dell’espressione letteraria (basti pensare a filosofi letti e apprezzati da Luzi come Sergio Givone o come il compianto Aldo Giorgio Gargani).
Tutto questo Luzi lo aveva capito già a vent’anni, quando abbandonò la sua prima idea di laurearsi in filosofia e si rivolse invece all’affascinante universo delle letterature straniere. Si era reso conto che le filosofie imperanti intorno agli anni Trenta, soprattutto quella di Benedetto Croce (e dei suoi epigoni), non rispondevano alle sue esigenze speculative: si trattava piuttosto – come ricorderà Luzi stesso più tardi – di astratte geometrie, di costruzioni teoriche enormi e complesse, tanto raffinate quanto lontane da ciò che più gli interessava: l’uomo, la vita, la morte, la parola.
Ecco perché se davvero vogliamo dare ascolto a Luzi, dobbiamo leggerlo come dovremmo leggere Leopardi: non solo il poeta, non solo il pensatore (entrambe le strade sono state già percorse da certi critici), ma il poeta come pensatore. Senz’altro un compito arduo, complesso; come la vita.
Marco Menicacci
Nell’illustrazione: Mario Luzi in un ritratto di Pietro Paolo Tarasco