«Tutto Dante – ha affermato con icastica efficacia Mario Luzi – è un dramma che cerca di ricomporsi in una suprema catarsi e in una raggiunta armonia». In questa prodigiosa, irresistibile attrazione, in questa coltivata e partecipata tensione è dato intravedere al lettore di Luzi che sia a conoscenza dell’intera sua opera poetica quella luce ritrovata, quel sorriso colto con Dante come un inprinting dell’esistente. Un inprinting rintracciato e celebrato, grazie alla poesia, oltre l’oscuro affliggente, da selva dello smarrimento che nel Novecento e nell’incipiente Duemila si è fatto e si fa sgomento, da selva della «mortalità» e della Storia: oltre l’inferno stesso, e oltre le brucianti incarnazioni visibili dell’assurdo dei lager e delle residue speranze di umana sopravvivenza lì coltivabili, espresse proprio attraverso il ricordo a Dante in Se questo è un uomo di Primo Levi.