di Elisabetta Biondi della Sdriscia
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Con i suoi 18 endecasillabi sciolti, Avorio è una delle liriche più belle e preziose dell’ermetismo concettuale di Mario Luzi: il poeta riesce a creare un’atmosfera irreale, onirica, di grande eleganza anche grazie alle ripetute trasgressioni linguistiche, grammaticali e semantiche, di cui fa uso ispirandosi a Mallarmé, suo grande modello in questa fase della sua produzione artistica. Celebre l’incipit, “Parla il cipresso equinoziale, oscuro”: mediante l’anticipazione del verbo, usato in senso metaforico, e l’ambiguità dell’aggettivo, che connota con una precisione tecnica apparente il sostantivo e gli conferisce, insieme, indeterminatezza, Luzi realizza un perfetto esempio ermetico di immagine destituita di concretezza.