«Tutto Dante – ha affermato con icastica efficacia Mario Luzi – è un dramma che cerca di ricomporsi in una suprema catarsi e in una raggiunta armonia». In questa prodigiosa, irresistibile attrazione, in questa coltivata e partecipata tensione è dato intravedere al lettore di Luzi che sia a conoscenza dell’intera sua opera poetica quella luce ritrovata, quel sorriso colto con Dante come un inprinting dell’esistente. Un inprinting rintracciato e celebrato, grazie alla poesia, oltre l’oscuro affliggente, da selva dello smarrimento che nel Novecento e nell’incipiente Duemila si è fatto e si fa sgomento, da selva della «mortalità» e della Storia: oltre l’inferno stesso, e oltre le brucianti incarnazioni visibili dell’assurdo dei lager e delle residue speranze di umana sopravvivenza lì coltivabili, espresse proprio attraverso il ricordo a Dante in Se questo è un uomo di Primo Levi.
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La Passione secondo Luzi
di Duccio Mugnai
ATTENZIONE
Leggi “Padre mio” nei Testi!
Nel suo lavoro poetico dedicato a La Passione di Cristo, scritto nel 1999, in occasione della Via Crucis al Colosseo di papa Giovanni Paolo II, Luzi si rivela ancora una volta interprete fedele e puntuale del mistero della salvezza, ma allo stesso tempo anche intellettuale capace di una riflessione estremamente personale e dolorosamente umana, proprio perché calibrata sulla vicenda storica e trascendentale di Gesù. Nei versi di Padre mio Cristo è rappresentato come risoluzione escatologica, punto di incontro tra Dio e l’uomo.